IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso numero di registro generale 8856 del 2020, proposto da Corrado Belfiore, Nicola Danisi, Alberto Dordoni, Andrea Daniele Maria Marsotto, Carlo Masutti, Mauro Miniati, Marco Picciau, Diego Regali, Luigi Ricciardi, Antonio Sala, Mario Tassini, Giorgio Tomelleri, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; sul ricorso numero di registro generale 8857 del 2020, proposto da Antonio Albanese, Marco Paolo Felli, Michele Fucci, Raffaele Tannelli, Pasquale Merola, Ignazio Nicolosi, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; sul ricorso numero di registro generale 8858 del 2020, proposto da Roberto Azzolin, Filippo Caroselli, Aurelio Cereti, Giacomo De Ponti, Franco Marsiglia, Patrizia Rossi (quale erede di Vittorio Mulas), Gian Luca Penni, Roberto Quattrociocchi, Salvatore Raimondo, Ettore Storti, Fabio Daniele Zuccolin, Mirco Zuliani, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; sul ricorso numero di registro generale 8859 del 2020, proposto da Renato Battelli, Tiziano Borelli, Giampiero De Meis, Antonino Giuliano, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; sul ricorso numero di registro generale 8860 del 2020, proposto da Stefano Crino', rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; sul ricorso numero di registro generale 8862 del 2020, proposto da Italo De Marchi, Antonio Giuseppe Di Fiore, Riccardo Donati, Maurizio Fardellotti, Leonardo Forliano, Carlo Gavioli, Alessandro Gresta, Pierluigi Leonarduzzi, Paolo Mazzi, Ruggero Raganato, Claudio Salerno, Giacomino Tomassetti, Salvatore D'Antonio, Gabriele Martiniani, Francesco Oliveri, Vincenzo Paratore, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; per la riforma quanto al ricorso n. 8856 del 2020: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n. 5697/2020, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 8857 del 2020: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n. 10606/2020, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 8858 del 2020: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n. 5325/2020, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 8859 del 2020: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n. 6556/2020, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 8860 del 2020: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n. 6558/2020, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 8862 del 2020: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n. 6559/2020, resa tra le parti; Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per la Presidenza del Consiglio e per il Ministero della difesa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il cons. Alessandro Enrico Basilico e uditi per le parti gli avvocati Umberto Coronas e l'Avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni; Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto 1. Gli appellanti sono tutti ufficiali in servizio permanente delle Forze armate in possesso del brevetto di pilota militare e agiscono in giudizio per il riconoscimento del c.d. «premio antiesodo», istituito dall'art. 1 della legge 28 febbraio 2000, n. 42, con previsioni poi confluite nell'art. 2261 del codice dell'ordinamento militare (c.o.m.) di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, negato loro dall'Amministrazione di appartenenza invocando l'art. 1, comma 261, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015), che ha abrogato, tra l'altro, il citato art. 2261 c.o.m. 2. Per comprendere il contesto in cui e' maturata la controversia, occorre rammentare che, a norma dell'art. 1, comma 1 e 2, della legge n. 42 del 2000 (intitolata «Disposizioni per disincentivare l'esodo dei piloti militari»), le cui previsioni sono oggi riprodotte negli articoli 966 e 1803 c.o.m., gli ufficiali in servizio permanente delle Forze armate in possesso del brevetto di pilota militare, che hanno ultimato la ferma obbligatoria e maturato almeno sedici anni di servizio, sono ammessi a una ferma volontaria di durata biennale, rinnovabile per non piu' di quattro volte entro il quarantacinquesimo anno di eta', ottenendo un premio per ciascun periodo di ferma volontaria contratta. Contestualmente, la stessa legge n. 42 del 2000, con disposizioni contenute nell'art. 1, comma 3 e 4, e oggi confluite nell'art. 2261 c.o.m., ha previsto la corresponsione di una specifica indennita' una tantum (meglio, un «premio») agli ufficiali che rientrassero in una delle seguenti categorie: coloro che, pur non avendo superato il quarantacinquesimo anno di eta' alla data del 21 marzo 2000 (giorno in cui e' entrata in vigore la legge n. 42 del 2000), non hanno potuto contrarre tutti i periodi di ferma volontaria consentiti dall'art. 966 c.o.m. (in questo caso, il premio corrisponde alla differenza tra l'importo complessivo dei premi percepibili per tali periodi e quello effettivamente percepito dal militare); coloro che, alla data del 21 marzo 2000, abbiano superato il quarantacinquesimo anno di eta' ma non il cinquantesimo anno di eta' e siano in possesso delle specifiche qualifiche previste per l'impiego di velivoli a pieno carico operativo e in qualsiasi condizione meteorologica. In entrambi i casi il premio e' corrisposto «al raggiungimento dei limiti di eta' per la cessazione del servizio». E' opportuno osservare sin d'ora che un premio analogo e' stato istituito dalla legge 22 dicembre 2003, n. 365, con previsione poi riprodotta nell'art. 2262, commi 2 e 3, c.o.m., anche per i militari gia' titolari dell'abilitazione di controllore del traffico aereo. 3. Nel caso di specie, alcuni appellanti rientrano nel campo di applicazione del comma 1 (militari che al 21 marzo 2000 avevano meno di 45 anni e che non hanno potuto contrarre tutti periodi di ferma), altri nel comma 2 (militari che al 21 marzo 2000 avevano un'eta' compresa tra 45 e 50 anni con specifiche qualifiche per l'impiego di velivoli) dell'art. 2261 c.o.m.. In particolare: per quanto riguarda l'appello RG n. 8856/2020, rientrano nel campo di applicazione del comma 1 i ricorrenti Danisi, Marsotto, Masutti, Miniati, Picciau, Regali, Sala, Tassini, Tomelleri; rientrano invece nell'ambito del comma 2 i ricorrenti Belfiore, Dordoni e Ricciardi; per quanto riguarda l'appello RG n. 8857/2020, i ricorrenti rientrano tutti nel campo di applicazione del comma 1; per quanto riguarda l'appello RG n. 8858/2020, rientrano nel campo di applicazione del comma 1 i ricorrenti Azzolin, Caroselli, Cereti, De Ponti, Marsiglia, Mulas (cui e' subentrata la sig.ra Rossi quale erede), Penni, Quattrociocchi, Raimondo, Storti, Zuccolin; rientra invece nell'ambito del comma 2 il ricorrente Zuliani; per quanto riguarda gli appelli RG n. 8859/2020, n. 8860/2020, e n 8862/2020, i ricorrenti rientrano tutti nel campo di applicazione del comma 1. 4. Prima che gli appellanti raggiungessero i limiti di eta' per la cessazione del servizio, e' entrata in vigore la legge 23 dicembre 2014, n. 190, il cui art. 1, comma 261, ha abrogato l'art. 2261 c.o.m. (nonche' l'art. 2262, commi 2 e 3, dedicato ai controllori di volo). Invocando l'abrogazione della norma che lo prevedeva, l'Amministrazione di appartenenza ha negato il «premio antiesodo» che i militari avevano richiesto una volta cessati dal servizio per raggiunti limiti di eta'. 5. Questi hanno quindi agito dinanzi al giudice amministrativo (nella cui giurisdizione esclusiva rientrano le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lettera i), cod. proc. amm.), impugnando i dinieghi ricevuti e chiedendo il riconoscimento delle somme asseritamente loro spettanti, con condanna del Ministero a corrisponderle. 6. In primo grado il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto i ricorsi presentati dagli odierni appellanti. 7. Questi hanno impugnato le varie sentenze sfavorevoli rese nei loro confronti. 8. Nei giudizi di appello, si e' costituita l'Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto delle impugnazioni. 9. In corso di causa, le parti hanno depositato scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi. 10. All'udienza del 7 marzo 2023, le cause sono state trattenute in decisione. Diritto 11. In via preliminare, il Collegio ritiene di disporre la riunione degli appelli indicati in epigrafe, in quanto, benche' proposti contro sentenze diverse, la decisione su di essi dipende dalla risoluzione di identiche questioni di diritto. 12. Con il primo motivo di appello, tutti deducono: «Error in iudicando: violazione e falsa applicazione degli articoli 2261, commi 1 e 2, e 2186, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dell'art. 1, commi 261 e 735 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, degli articoli 11 e 15 disp. prel. c.c.; violazione dei principi generali di ragionevolezza, di parita' di trattamento, di legittimo affidamento e di coerenza e certezza dell'ordinamento giuridico; eccesso di potere per errore nei presupposti, per difetto d'istruttoria, per difetto o apparenza di motivazione e per illogicita' e contraddittorieta'». In particolare, si sostiene che il Tribunale abbia errato nel giudicare sul primo motivo del ricorso di primo grado, che viene riproposto in appello, con il quale asseriscono che il fatto costitutivo del diritto a percepire il «premio antiesodo» sia rappresentato unicamente dall'eta' inferiore a 45 anni e dall'impossibilita' di contrarre tutti i periodi di ferma volontaria (per la fattispecie di cui al comma 1 dell'art. 2261) ovvero dall'eta' compresa tra 45 e 50 anni e dal possesso delle specifiche qualifiche per l'impiego di velivoli (per quella di cui al comma 2 del medesimo articolo), mentre la cessazione dal servizio per raggiunti limiti di eta' non sarebbe un elemento costitutivo della fattispecie, bensi' il termine per il pagamento delle somme; di conseguenza, l'intervenuta abrogazione non potrebbe incidere sulla loro posizione, avendo questi maturato il diritto prima dell'entrata in vigore della legge n. 190 del 2014. 13. Il motivo e' infondato. L'art. 2261 c.o.m. stabilisce che: «1. Agli ufficiali in servizio permanente dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare in possesso del brevetto di pilota militare che, pur non avendo superato il quarantacinquesimo anno di eta' alla data del 21 marzo 2000, non abbiano potuto contrarre tutti i periodi di ferma volontaria di cui all'art. 966, e' corrisposto in unica soluzione, al raggiungimento dei limiti di eta' per la cessazione dal servizio, un premio pari alla differenza tra l'importo complessivo dei premi di cui all'art. 1803 e quello complessivo dei premi percepiti. 2. Agli ufficiali in servizio permanente dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare in possesso del brevetto di pilota militare che alla data del 21 marzo 2000, abbiano superato il quarantacinquesimo anno di eta' e non superato il cinquantesimo anno di eta' e siano in possesso delle specifiche qualifiche previste per l'impiego di velivoli a pieno carico operativo e in qualsiasi condizione meteorologica, e' corrisposto in unica soluzione, al raggiungimento dei limiti di eta' per la cessazione dal servizio, un premio di importo pari alla meta' dell'importo complessivo dei premi di cui all'art. 1803». Secondo il Tribunale, la norma configurerebbe una fattispecie a formazione progressiva, in cui alla sussistenza di un primo requisito (l'impossibilita' di contrarre tutti i periodi di ferma, per i militari che rientrano nell'ambito di applicazione del comma 1, ovvero il possesso di determinati requisiti professionali, per quelli che ricadono sotto l'alveo del comma 2), deve aggiungersi il secondo requisito della permanenza in servizio fino al raggiungimento dei limiti di eta'; di conseguenza, dato che, al momento dell'abrogazione dell'art. 2261 c.o.m., gli appellanti erano ancora in servizio, questi non avrebbero maturato il diritto al «premio antiesodo», per mancanza del secondo elemento costitutivo della fattispecie. 14. Per comprendere se il collocamento in quiescenza per raggiunti limiti di eta' rappresenti il termine per il pagamento del premio (come sostengono gli appellanti), o sia invece un elemento costitutivo della fattispecie (come argomenta l'Amministrazione e come affermato dal TAR), occorre muovere - non opponendosi a cio' la piu' immediata interpretazione letterale - dallo scopo perseguito dalla norma, che consiste nell'incentivare piloti ancora relativamente giovani a rimanere in servizio nelle Forze armate, invece di cercare migliori condizioni d'impiego alle dipendenze dell'aeronautica privata (come peraltro riconoscono entrambe le parti e come ritenuto anche dal giudice di prime cure). La disposizione regola infatti la particolare situazione degli ufficiali che non abbiano potuto beneficiare della possibilita', prevista dalla legge n. 42 del 2000 con il dichiarato scopo di «disincentivare l'esodo dei piloti militari», di contrarre una ferma volontaria di durata biennale, rinnovabile per non piu' di quattro volte, percependo integralmente i relativi premi: e cio' con riferimento a quanti ricadono nell'ambito di applicazione del comma 1, perche' ne sarebbero stati ammessi in astratto (perche' di eta' inferiore a 45 anni), ma non vi hanno acceduto in concreto; nonche' a quanti rientrano nell'alveo del comma 2, perche' di per se' esclusi dal beneficio (in quanto di eta' superiore a 45 anni). In altre parole, il legislatore da un lato ha previsto in generale la possibilita' per gli ufficiali in possesso del brevetto di pilota di accedere a diversi periodi di ferma biennale, con relativo incentivo (come tuttora contemplato dall'art. 1803 c.o.m.), cosi' offrendo loro un'occasione di guadagno che rendesse piu' appetibile la permanenza in servizio; dall'altro ha disposto la corresponsione di un premio a coloro che, anche in ragione dell'eta' che avevano quando e' stato introdotto il beneficio, non hanno avuto questa opportunita' o non l'hanno potuta sfruttare appieno; in entrambi i casi, la finalita' evidente era quella di evitare che ufficiali formati a spese dell'Amministrazione abbandonassero il servizio in eta' ancora relativamente giovane per ricercare migliori condizioni d'impiego nel settore privato, che si sarebbe quindi trovato ad avvalersi delle prestazioni lavorative di piloti esperti senza farsi carico degli oneri della loro preparazione. Tale essendo il fine perseguito dalla norma, non si puo' che condividere la tesi del Tribunale amministrativo regionale del Lazio secondo cui la cessazione del servizio per raggiunti limiti di eta' non rappresenta un termine di pagamento, ma e' piuttosto un elemento costitutivo della fattispecie, dato che il «premio antiesodo» e' volto a ricompensare la «fedelta'» di coloro che, pur potendo lasciare l'impiego pubblico, sono rimasti in servizio nelle Forze armate: solo la cessazione per limiti di eta', infatti, e' idonea a dimostrare che in concreto e' stato raggiunto lo scopo perseguito dalla norma (ovvero contrastare l'esodo all'aeronautica privata). Diversamente opinando - ossia riconoscendo l'incentivo anche in caso di cessazione dal servizio per altre cause, per esempio per dimissioni volontarie - la norma verrebbe inibita nella sua funzione incentivante e si tradurrebbe nell'attribuzione di un beneficio privo di una ragione giustificatrice. Alla luce dell'esposta interpretazione letterale e sistematica dell'art. 2261 c.o.m., si deve concludere che, quando questo e' stato abrogato dall'art. 1, comma 261, della legge n. 90 del 2014, gli appellanti non avevano ancora maturato il diritto al premio, dato che erano ancora in servizio e non si era quindi verificato il secondo presupposto per il suo conseguimento, come correttamente affermato nella sentenza di primo grado. 15. Con il secondo motivo di appello, articolato in via espressamente subordinata al primo, gli appellanti deducono: «Error in iudicando: violazione di legge sotto il profilo della erroneamente ritenuta infondatezza della questione di illegittimita' costituzionale, dedotta in via subordinata e qui riproposta, dell'art. 1, commi 261 e 735, della legge n. 190/2014, nella parte in cui hanno abrogato l'art. 2261 del decreto legislativo n. 66/2010, per violazione degli articoli 3, 23, 24, 111 e 117 della Cost., quest'ultimo per contrasto con il parametro interposto di cui agli articoli 6 e 13 della C.E.D.U. ed all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della medesima C.E.D.U.». In particolare, i militari ritengono il Tribunale amministrativo regionale abbia errato nel giudicare sul secondo motivo del ricorso di primo grado, che viene riproposto in questa sede in via subordinata, con il quale eccepiscono l'incostituzionalita' della legge n. 190 del 2014, nella parte in cui ha abrogato l'art. 2261 c.o.m., per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost., nonche' dell'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento agli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (in quanto lesiva del legittimo affidamento dei militari e della certezza del diritto), nonche' dell'art. 23 Cost. e dell'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (in quanto sostanzialmente ablatoria di un diritto - o comunque di un «bene» ai sensi della Convenzione - gia' acquisito al loro patrimonio). 16. Secondo il giudice di prime cure, non essendosi consolidato alcun «diritto quesito» nel patrimonio dei ricorrenti, l'abrogazione della norma istitutiva del premio non violerebbe i parametri costituzionali e convenzionali invocati dalla parte attorea, rappresentando una scelta discrezionale e non irragionevole del legislatore. 17. Al contrario, il Collegio ritiene che la questione proposta dagli appellanti sia rilevante e non manifestamente infondata, per le ragioni di seguito esposte. 18. In particolare, la questione e' rilevante, perche', una volta respinto il primo motivo di appello (con cui si sosteneva che l'abrogazione dell'art. 2261 c.o.m. non potesse incidere sulla posizione degli appellanti), la decisione sulla fondatezza della pretesa avanzata dai militari dipende dall'applicazione dell'art. 1, comma 261, della legge n. 190 del 2014 (della cui legittimita' costituzionale si dubita), in quanto e' proprio l'abrogazione dell'art. 2261 c.o.m. (contestata appunto con il secondo motivo, espressamente dedotto in via subordinata rispetto al primo, perche' lesiva del legittimo affidamento dei piloti), a precludere loro il conseguimento del «premio antiesodo», essendo intervenuta prima che si fossero concretizzate tutte le condizioni richieste per ottenerlo (ma dopo che erano state operate delle scelte che avrebbero dovuto, prospetticamente, apportare i vantaggi che all'epoca l'art. 2261 c.o.m. prevedeva). L'eventuale dichiarazione d'incostituzionalita' della disposizione abrogatrice comporterebbe infatti la «reviviscenza» della norma abrogata e consentirebbe agli appellanti - che invero si trovano nella situazione di cui al comma 1 ovvero in quella di cui al comma 2 dell'art. 2261 c.o.m. - di ottenere il «premio antiesodo» che e' oggetto della loro domanda. 19. Con riferimento alle deduzioni degli appellanti, il Collegio ritiene manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale come proposta rispetto all'art. 23 Cost., in quanto al momento dell'abrogazione dell'art. 2261 c.o.m. il diritto al premio non poteva dirsi acquisito al patrimonio degli appellanti, non essendosi ancora verificata una delle condizioni richieste dalla norma, con la conseguenza che la legge di stabilita' 2015 non ha avuto un effetto ablativo rilevante quale «prestazione patrimoniale imposta». 20. Questo Consiglio di Stato ritiene invece non manifestamente infondata, oltre che rilevante, la questione rispetto ai principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto discendenti dall'art. 3 Cost., nonche' dall'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU. Sul punto, e' illuminante la sentenza della Corte costituzionale n. 169 del 2022 (opportunamente richiamata dalla difesa degli appellanti nella memoria per l'udienza pubblica), con cui e' stata dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 1, comma 261, della legge n. 190 del 2014 nella parte in cui ha abrogato l'art. 2262, commi 2 e 3, c.o.m., che aveva previsto, per i militari in possesso dell'abilitazione di controllore del traffico aereo, un incentivo analogo a quello rivendicato in questa sede dai piloti. Nella sentenza citata, la Corte ha osservato che la «norma censurata, a fronte di una ratio incentivante, quale quella che viene in rilievo nella specie, viola il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., producendo effetti retroattivi ingiustificati, in quanto incidenti su situazioni soggettive fondate sulla legge e sulla permanenza in servizio dei controllori di volo, e cosi' contraddicendo ex post la ratio della normativa premiale» (per completezza, si rileva che, in quest'occasione, il Giudice delle leggi ha limitato gli effetti della dichiarazione d'incostituzionalita' della norma abrogatrice al solo art. 2262 c.o.m., in quanto nel giudizio a quo non veniva in rilievo l'art. 2261 c.o.m.). Questi argomenti ben possono essere ora invocati rispetto all'abrogazione del «premio antiesodo» per i piloti, anch'essa disposta dall'art. 1, comma 261, della legge n. 190 del 2014: anche in questo caso, infatti, il legislatore prima ha previsto un incentivo per i militari che, oltre a essere in possesso di determinate caratteristiche, fossero rimasti in servizio fino al raggiungimento dei limiti di eta', per poi abrogarlo dopo aver conseguito lo scopo di scoraggiare il transito dei lavoratori nel settore privato. A tal proposito, e' opportuno porre in luce come, benche' in linea generale il fluire del tempo possa costituire un elemento sufficiente a giustificare un mutamento nella disciplina di una fattispecie, in questo caso non si puo' trascurare la circostanza che la norma abrogata riguardava una situazione specifica e una platea relativamente circoscritta di destinatari (gli ufficiali che avessero una determinata eta' alla data del 21 marzo 2000), con la conseguenza che l'alterazione del rapporto sinallagmatico tra questi e il datore pubblico, nonche' la lesione dell'affidamento, sono correlate proprio al trascorrere del tempo, il quale, comportando l'avanzamento dell'eta' degli appellanti, ha ridotto progressivamente le loro opportunita' d'impiego come piloti nell'aeronautica privata, rafforzando le ragioni che avevano indotto a prevedere il «premio antiesodo» e rendendo evidente l'irragionevolezza della sua abrogazione, che si risolve, in definitiva, nella penalizzazione di quanti, pur potendo all'epoca abbandonare il servizio, sono rimasti «fedeli» alle Forze armate, anche confidando nel conseguimento del beneficio. Per riprendere le parole della sentenza n. 169 del 2022 della Corte costituzionale, nel caso del «premio antiesodo» per i piloti, cosi' come per quello dei controllori di volo, «ci si trova, dunque, al cospetto di una situazione soggettiva che discende direttamente dalla norma e che radica nei suoi destinatari un affidamento "rinforzato"; situazione che non puo' essere esposta ad un semplice ripensamento del legislatore che ha abrogato la norma incentivante a distanza di dodici anni dalla sua introduzione, dopo aver raggiunto lo scopo di scoraggiare, come nel caso oggetto del giudizio a quo, l'esodo dei dipendenti all'epoca in servizio». 21. La lesione dell'affidamento riposto dagli appellanti nel conseguimento del «premio antiesodo», una volta cessati dal servizio per raggiunti limiti di eta', costituisce anche una violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, norma che rileva quale parametro interposto rispetto all'art. 117, comma 1, Cost., secondo il noto orientamento inaugurato dalla Corte costituzionale con le sentenze «gemelle» n. 348 e n. 349 del 2007 (mentre non si ravvisa il contrasto, denunciato dagli appellanti, con gli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e con gli articoli 24 e 111 Cost., dato che la modifica del quadro normativo e' intervenuta prima dell'instaurazione del giudizio e non ha quindi avuto ne' lo scopo, ne' comunque l'effetto, d'influire su contenziosi aperti, indirizzandone l'esito a favore dell'Amministrazione). L'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali riconosce infatti a ciascuna persona fisica o giuridica il diritto al rispetto dei suoi «beni», nozione che, nell'interpretazione che ne ha dato la Corte europea dei diritti dell'uomo, comprende anche l'aspettativa legittima («legitimate expectation» o «esperance legitime») di ottenere un valore patrimoniale, compreso un credito, quando tale interesse presenta una base sufficiente nel diritto interno («a sufficient basis in national law» o «une base suffisante en droit interne»), circostanza che ricorre, tra l'altro, quando e' fondata su una disposizione legislativa (sul punto si v., fra le tante, la sentenza della Grande Camera del 28 settembre 2004, ricorso n. 44912/98, Kopecký v. Slovakia, pt. 45-52, e quella della Seconda Sezione del 4 febbraio 2014, ricorso n. 25376/06, Ceni c. Italie, pt. 39). Nel caso di specie, sembra a questo Collegio che l'aspettativa degli appellanti di conseguire il «premio antiesodo», essendo in possesso dei requisiti previsti dall'art. 2261 c.o.m. e rimanendo in servizio sino al raggiungimento dei limiti di eta', goda della protezione garantita dalla norma convenzionale, dato che e' sorta e si e' fondata su una disposizione legislativa dal tenore inequivoco. L'abrogazione disposta dalla legge n. 190 del 2014 sembra dunque costituire un'ingerenza nel diritto dei militari al rispetto del proprio «bene», consistente nell'aspettativa legittima di ottenere il «premio antiesodo» alle condizioni previste dalla norma abrogata, la cui legittimita' deve essere vagliata anche in base all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU. A tal proposito, si deve quindi considerare che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, tale disposizione si articola in tre distinte norme: la prima, di carattere generale, enuncia il principio del diritto al rispetto dei «beni»; la seconda contempla la privazione della «proprieta'» e la subordina a determinate condizioni; la terza riguarda la potesta' degli Stati di disciplinare l'uso dei beni (sul punto si v., tra le tante, la sentenza della Grande Camera del 28 luglio 1999, ricorso n. 22774/93, Immobiliare Saffi v. Italy, pt. 44). Nel caso di specie, vengono in particolare rilievo i presupposti in presenza dei quali puo' ritenersi legittima la privazione di un «bene» del privato, che consistono nel rispetto del principio di legalita', nella sussistenza di una pubblica utilita' che giustifichi l'ingerenza e nella proporzionalita' dell'intervento, ossia nel suo rappresentare un «giusto equilibrio» tra le esigenze dell'interesse generale della comunita' e i diritti fondamentali del singolo («a "fair balance" between the demands of the general interest of the community and the requirements of the protection of the individual's fundamental rights»: sul punto si v., tra le tante, la sentenza della Grande Camera 5 gennaio 2000, ricorso n. 33202/96, Beyeler v. Italy, pt. 107). Se i primi due presupposti possono essere ravvisati nel rango legislativo della norma censurata e nel fine, da questa perseguito, di conseguire risparmi di spesa, sembra mancare invece il terzo, ossia il «giusto equilibro»: a tal proposito, si deve rammentare che il «premio antiesodo» e' stato previsto quale corrispettivo della permanenza in servizio dei militari che avevano una determinata eta' alla data del 21 marzo 2000, con la conseguenza che la sua abrogazione, disposta ad anni di distanza e quando questi avevano ormai perso (o vedevano comunque notevolmente ridotte) le occasioni di un impiego nell'aeronautica privata, ha comportato che, a fronte del vantaggio per la collettivita' (che ha potuto beneficiare per anni del servizio di piloti formati ed esperti), sia venuto meno nella sua interezza quello che avrebbe dovuto essere riconosciuto ai dipendenti. La stessa Corte costituzionale ha del resto ravvisato il difetto di proporzionalita' dell'intervento abrogativo con riferimento all'analoga situazione dei controllori di volo, osservando, nella piu' volte citata sentenza n. 169 del 2022, che «poiche' l'ordinamento ha creato le condizioni per le quali gli interessati non abbandonassero l'amministrazione militare istituendo il premio in questione, irragionevolmente il legislatore, una volta raggiunto il risultato, alla vigilia del conseguimento delle condizioni per l'erogazione del citato emolumento, ha abrogato la norma attributiva dello stesso». 22. Infine, si deve altresi' considerare che della norma censurata non e' possibile dare un'interpretazione costituzionalmente orientata, dato che tanto il suo inequivoco tenore letterale, quanto lo scopo perseguito dal legislatore, ossia quello di conseguire risparmi di spesa, inducono a ritenere che l'effetto fosse proprio quello - della cui legittimita' costituzionale si dubita - di evitare il pagamento del «premio antiesodo» ai militari che si trovassero nella condizione degli appellanti. 23. Pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, il Collegio ritiene di respingere in parte l'appello, con riferimento al primo motivo d'impugnazione; di rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui ha abrogato l'art. 2261 c.o.m., per violazione dell'art. 3 Cost., nonche' dell'art. 117, comma 1 Cost. in riferimento all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, in quanto lesivo del legittimo affidamento dei militari e della certezza del diritto; di sospendere il processo nelle more del giudizio della Corte costituzionale, riservando la pronuncia sul secondo motivo d'appello, nonche' ogni statuizione sulle spese di causa e i compensi professionali, all'esito della decisione del giudice delle leggi sulla questione di costituzionalita', come innanzi sollevata; di disporre che, a cura della Segreteria, gli atti siano trasmessi immediatamente alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.